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Effetto clima Il fiume Ticino cambia colore

( 31 Luglio 2023 )

Pavia «Non riusciamo ad andare avanti, bisogna pulire le eliche, sono piene di alghe». Uno dei tanti barcaioli del Ticino che si avventura con la barca a motore lungo il fiume, deve fermarsi: l'erba ha avvolto le eliche e diventa impossibile navigare. Il fiume azzurro cambia colore: nessuna sostanza tossica, nessun sversamento sospetto: è uno degli effetti del riscaldamento ambientale.

Enormi zolle d'erba galleggiano a ridosso del Ponte Coperto, sotto la statua della Lavandaia del Borgo, il simbolo di Pavia. Basta uno sguardo sul tratto cittadino, sino alla Sora e al Confluente, per capire quanto sia evidente il problema. Le piante acquatiche dei generi Ranunculus e Potamogeton crescono senza sosta e preoccupano vogatori e uomini del Parco del Ticino. Sono steli molto alti, raggiungono anche i 4 metri di altezza e fagocitano remi, chiatte e barcè ormeggiati. Situazione che peggiora se ci si sposta alla spiaggia del Lido di Pavia. Fare il bagno è impensabile, a meno che si voglia sguazzare tra la melma verdastra e maleodorante. «Da quasi trent'anni frequento il fiume e sono sbalordito: c'è una coltre impenetrabile sull'acqua. I motoscafi si fermano ogni cento metri e noi non riusciamo a remare.

Le condizioni climatiche hanno favorito questo fenomeno mai documentato», spiega Elia Belli, vicepresidente del Club Vogatori Pavesi. Lui che il fiume lo conosce bene e ci rema quasi ogni mattina, mostra la pala che esce dall'acqua: è ricoperta di steli lunghissimi che si aggrovigliano. «Diversi tratti del fiume non si possono navigare per la quantità di erba e alghe che creano, non solo un problema di vivibilità, ma anche ambientale».

L'invasione è iniziata circa un mese e mezzo fa, quando si è a formato una sorta di tappeto verde a pelo d'acqua che, con caldo torrido, siccità e luce, ha proliferato. Riccardo Braga, oltre ad essere un altro uomo del fiume e a vivere lungo le rive del Ticino, in via Milazzo, Borgo Basso di Pavia, è il sovrintendente della polizia provinciale. «Tutto il tratto cittadino è invaso. Dove ci sono curve ed anse, e la corrente è meno spinta, c'è una vera e propria palude. Alla confluenza del Gravellone su entrambe le sponde, o all'imbarcadero di Travacò Siccomario le barche tagliano questo strato verde e melmoso. Anche noi di pattuglia siamo costretti a fermare il motoscafo ogni dieci minuti».

Gli esperti del Parco del Ticino assicurano che si tratta di un «fenomeno legato al clima, quindi naturale, non conseguenza dell'azione dell'uomo». Di certo senza precedenti nell'ultimo mezzo secolo. Questo, oltretutto, sarebbe anche periodo di apertura della pesca, ma sulle rive non si vedono pescatori armati di seggiolino, canna e pazienza: «Non c'è nessuno - conferma Braga -. Lo dimostra anche il numero di controlli che facciamo come polizia provinciale. D'altronde chi viene a pescare in quest'acqua? Impossibile negare un problema di ossigeno sui fondali per la fauna ittica: anche dove ci sono oltre due metri d'acqua le alghe crescono rigogliose».

Fonte: Corriere della Sera, Milano
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