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Il gambero di fiume minacciato da clima, scarichi, specie esotiche

Il piccolo crostaceo d'acqua dolce vive in alvei freschi e puliti. Subisce rettificazioni e cementificazione di fondo e sponde. Il Parco dei Colli allestisce vasche di raccolta per emergenza. «Qui ancora in salute. Servono monitoraggio e salvaguardia».

( 25 Luglio 2022 )

Un punto di raccolta nel caso di emergenza. Vasche per la tutela del gambero di fiume sono state predisposte presso Cà Matta, Centro di educazione ambientale del Parco regionale dei Colli di Bergamo.

Il gambero di fiume (Austropotamobius pallipes) è una specie inserita nella Lista Rossa dall'International Union for Conservation of Natural Resources: dal 2010 è classificato come "specie a rischio di estinzione". La direttiva CEE 92/43, inoltre, qualifica questo artropode come "specie di interesse comunitario per la quale devono essere individuate zone speciali di conservazione". In Lombardia il divieto di cattura, trasporto e commercio è entrato in vigore nel 1977; il divieto di alterazione e distruzione dell'habitat della specie vige grazie alla legge regionale 10 del 2008.

Abbiamo chiesto ad Alessandro Mazzoleni, tecnico faunistico del Parco dei Colli, quali minacce siano presenti nel nostro territorio e quali progetti siano in atto per la conservazione del gambero. Il giudizio del tecnico faunistico «È una specie tipica di piccoli corsi d'acqua, non alterati, con acque fresche e prive di inquinanti. Nel Parco è ancora presente nel reticolo idrografico della porzione collinare del territorio. Un ambiente delicato, minacciato dai cambiamenti climatici, tra cui i lunghi periodi siccitosi, che ne riducono le portate, mettendo a rischio le popolazioni. Un'altra minaccia è l'inquinamento da parte di sostanze organiche, derivanti dalla presenza di scarichi di insediamenti urbani o attività produttive, non adeguatamente collettati». «Anche interventi che modificano la morfologia dei corsi d'acqua, come rettificazioni, cementificazione del fondo e delle sponde, possono compromettere la presenza del gambero, eliminando gli anfratti usati come rifugi naturali. Molto pericolosa è anche la peste del gambero, malattia causata da un agente patogeno, spesso veicolato tra i diversi corsi d'acqua dalle attività umane, che anche nel Parco dei Colli ha causato morie di gamberi» continua Mazzoleni. Un'altra grave minaccia, per il gambero di fiume come per l'intera biodiversità, è costituita dalla diffusione di specie esotiche che, entrando in competizione con quelle locali, possono arrivare a provocarne l'estinzione. «Fortunatamente nel Parco di Colli non abbiamo mai riscontrato la presenza di gamberi alloctoni, come il gambero della Louisiana, diffuso nelle aree planiziali lombarde, dove ha estinto il gambero autoctono negli ultimi decenni. Questi gamberi esotici sono più aggressivi e vigorosi della specie locale, oltre ad essere vettori della peste del gambero», spiega Mazzoleni.

Regione Lombardia, a tutela del gambero di fiume, nel corso degli anni ha attivato diversi progetti: due hanno coinvolto anche il Parco dei Colli: il progetto LIFE NAT/ IT/000352 CRAINat e il progetto LIFE 14 IPE IT 018 GESTIRE 2020 - Nature Integreted Management to 2020. «Grazie al primo progetto sono stati svolti, negli anni scorsi, specifici censimenti, che hanno confermato la presenza nel Parco di popolazioni di gambero in buono stato di conservazione, soprattutto nel sito Natura 2000 Zona speciale di conservazione Canto Alto e Valle del Giongo. Nell'ambito del secondo progetto è stato acquistato dal Parco uno sistema di vasche, allestito presso Cà Matta e pronto all'uso, come centro di raccolta in caso di emergenza. Queste vasche sono in grado di accogliere temporaneamente eventuali popolazioni di gambero in caso di eventi imprevisti che minaccino una delle popolazioni presenti sul nostro territorio o nelle aree confinanti».

Le popolazioni di gambero di fiume presenti nel Parco dei Colli godono di buona salute grazie alla ridotta urbanizzazione del territorio. «È importante non darne per scontata la presenza, perseverando in azioni di monitoraggio e salvaguardia, con l'auspicio non solo di garantirne la sopravvivenza nel Parco, ma anche, a partire da queste popolazioni ancora vitali, di favorirne il ritorno nei territori confinanti», conclude Mazzoleni.

Fonte: Eco di Bergamo
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