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Sana e antistress l'insalata di casa spunta a Niguarda

( 17 Luglio 2019 )

Il raccontoIl campo comunitario nato nel 2015 è già arrivato a 150 soci: mamme giovani e pensionati, partite Iva e impiegati

Tra un ciuffo di insalata e un fiore di zucca spuntano pak choi, okra, spinacio d'acqua, cavolo cinese, melanzana eritrea. Verdure esotiche che, insieme a qualche ortaggio antico - la cui coltivazione è stata ormai abbandonata dai contadini tradizionali - riporta alle radici agricole di comunità lontane o più o meno nostrane. Perché a Milano, non poi così lontano da grattacieli e vialoni trafficati, cresce un po' di tutto. Siamo in uno degli orti più grandi della città, l'orto comune di Niguarda, all'interno del Parco Nord. Nato nel 2015 su terreni agricoli comunali da un'idea dell'Ente parco che li gestisce e dell'associazione che ne porta il nome, è uno degli spazi coltivati più grandi e curati di Milano: si estende per circa cinquemila metri quadrati ed è un orto comunitario, cioè un unico grande appezzamento di terra del quale si prendono cura, a turno, circa 150 persone. Tanti sono gli ortisti soci e tante sono le attività cui si dedicano: c'è chi, come il classico pensionato, viene qui tutti i giorni, chi vi si dedica durante il weekend o chi si prende qualche pausa settimanale dal lavoro o dalle incombenze di giornata. Sì perché quest'oasi è un esempio concreto di come la filosofia dell'agricoltura urbana stia cambiando: chi decide di iscriversi all'associazione (la quota è minima, va da 10 a 30 euro l'anno) non lo fa solo per seminare e strappare qualche foglia di insalata da portare a casa. Accanto alle attività tradizionali di piantumazione, contenimento delle erbacce e irrigazione, il frutto della terra diventa anche uno strumento di aggregazione sociale e l'orto un luogo di sperimentazione: ortoterapia, laboratori per bambini, integrazione per i migranti, lavori per i disabili. Ma come funziona? C'è un coordinatore che suddivide il lavoro a seconda delle stagioni e delle disponibilità di tutti: chi si associa può decidere liberamente come e quando dedicarsi all'orto. Chi non lavora la terra può comunque attingere alla raccolta degli ortaggi, basta versare un contributo, il cui ammontare è a discrezione di ciascuno. Esotismo e antiquariato a parte, si coltivano verdure di stagione, assecondando i ritmi della terra. Buono e bello, verrebbe da dire, perché come spiega Fabio Campana, agronomo, direttore tecnico dell'orto e responsabile servizio Ambiente del Parco Nord, «si tratta di un orto-giardino dove poniamo grande attenzione da un lato all'aspetto estetico, dall'altro alla qualità dei prodotti, visto che concimiamo soltanto con sostanze organiche». In altre parole, pur non essendo certificato bio - non si tratta infatti di un'azienda agricola che vende al pubblico - di fatto lo è ugualmente. Le coltivazioni sono suddivise in stanze tematiche: c'è l'orto sinergico (una tecnica agricola che punta a creare un ambiente il più possibile naturale, dove l'intervento dell'uomo è minimo e dove anche gli insetti e gli organismi del suolo cooperano autoregolando la produzione di ortaggi), ci sono le piante aromatiche, gli ortaggi antichi, quelli esotici, quelli tradizionali. «Naturalmente ci sono verdure più adatte al contesto milanese come verza, insalate e zucchine - spiega Campana - ma noi coltiviamo davvero di tutto. E la vera soddisfazione è assaporare ortaggi non solo a chilometro zero, ma a tempo zero. Perché il sapore di una zucchina affettata cruda e appena raccolta è diverso».
Ma com'è il tipico ortista milanese? Mentre lo descrive, la presidente dell'associazione, Arianna Bianchi, sorride: «Può avere dai trentacinque anni ai novanta. Ci sono sia pensionati che lavoratori, atipici e tradizionali, e tante mamme giovani che magari lavorano part time con i loro bimbi. Una cosa li accomuna oltre alla passione per la terra: il bisogno, cioè, di fare attività manuale e fisica per evadere dallo stress quotidiano. Tanto che molti parlano di agro-fitness».
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©RIPRODUZIONE RISERVATA

Fonte: La Repubblica, Milano
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