LIMONE. Celebra un secolo di attività la cooperativa «Possidenti olivicoli», dedito alle produzioni tradizionali
Una delle più antiche tecniche di molitura usata dagli Egiziani consisteva nel pestare le olive con l'aiuto di un grosso sasso all'interno di una pietra cava. Più o meno quello che accade da un secolo in via Campaldo a Limone, nello storico frantoio della cooperativa «Possidenti oliveti» a monte del paese. Tutto per mantenere immutato nel tempo un processo produttivo con una spremitura delle olive eseguita utilizzando due grosse mole di pietra, azionate secondo antica tradizione, dalla forza idrica derivata dalle acque del torrente San Giovanni.Qui sono lavorate le olive di ben 450 soci, per la stragrande maggioranza dei comuni del Parco alto Garda» sottolinea il presidente Guido Tosi, senza contare le «contaminazioni» trentine e veronesi.Sempre con lo stesso procedimento, dal 29 novembre del 1919, quando 28 piccoli proprietari guidati dal parroco don Giovanni Morandi costituirono la società, per produrre un prodotto «senza fronzoli», nel solco della tradizione. Come è del resto l'anima del territorio alto gardesano, strappato all'incuria sin dal XV secolo con il lavoro dell'uomo per rendere possibili coltivazioni «mediterranee» di pregio da cui ricavare prodotti rari e preziosi come appunto l'olio d'oliva, gli agrumi, il vino e i capperi. «Ma per i festeggiamenti dei 100 anni c'è tempo - spiega il presidente Guido Tosi -: decideremo il 6 aprile all'assemblea dei soci».