Pesticidi e fertilizzanti usati in quantità sempre maggiori dall’agricoltura intensiva sono i principali responsabili della scomparsa degli uccelli in Europa: in 40 anni ha ridotto l’avifauna nostrana di 1/6: 600 milioni di esemplari in meno.
Uno studio pubblicato su PNAS è riuscito ad assegnare un peso specifico ai 4 maggiori sospettati: oltre alle pratiche agricole, sono stati testati la crisi climatica, l’urbanizzazione e i cambiamenti nella copertura forestale. Il modo in cui lavoriamo la terra è di gran lunga quello con più impatto.
I dati provengono dalle osservazioni condotte da migliaia di scienziati-cittadini dal 1980 al 2017 in 28 paesi europei, analizzati da un gruppo di oltre 50 ricercatori. Tra le specie di volatili, quelle che hanno sofferto di più in questo lasso di tempo sono di gran lunga quelle il cui habitat sono i terreni agricoli. Il loro numero è crollato del 56,8%. Mentre quello degli uccelli che vivono in ambiente urbano è calato del 27,8% e la flessione delle specie boschive si ferma al 17,7%.
La ragione, spiega lo studio, è l’impatto di pesticidi e fertilizzanti sugli invertebrati. Per favorire l’agricoltura si tende a eliminarli, ma in questo modo si crea uno scompenso nella catena alimentare, riducendo la disponibilità di risorse alimentari per l’avifauna che si ciba di questi animali. “Gli invertebrati rappresentano una parte importante della dieta di molti uccelli almeno in alcune fasi dello sviluppo. Sono particolarmente cruciali durante il periodo riproduttivo per 143 specie tra le 170 studiate”, si legge nello studio.
Dopo l’agricoltura intensiva, la seconda maggior causa della scomparsa degli uccelli in Europa è l’urbanizzazione, mentre per terza si piazza la crisi climatica, con l’aumento delle temperature che colpisce soprattutto le specie che preferiscono i climi freddi (in declino di quasi il 40%).