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Il fiume non va svuotato. Indispensabile tutelare la qualità dell’ambiente

( 03 Luglio 2022 )

Il fiume Serio è la linfa vitale del Parco regionale che porta il suo nome. Il fiume, originato dalle Alpi Orobie, scende dal bacino naturale del lago del Barbellino, a 2.123 metri d’altezza, percorrendo la valle Seriana e quindi la pianura.

L’Ente Parco nel tempo ha svolto un ruolo significativo per tutelare soprattutto l’area circostante l’alveo, anche attraverso la creazione di habitat naturali, di un orto botanico, la realizzazione di percorsi ciclabili, una costante pulizia e la periodica piantumazione. Il presidente del Parco regionale del Serio, Basilio Monaci, non nasconde la preoccupazione per lo stato attuale del fiume, caratterizzato nel tratto Bergamasco tra Seriate e Mozzanica da una desolante e diffusa secca. Irrigazione e flussi «Siamo in apprensione perché la mancanza d’acqua condiziona tutta la biodiversità, sia animale sia vegetale, e la ricchezza presente nell’area del Parco. C’è una sofferenza ittica nel fiume». Monaci ricorda che la cura e competenza dell’alveo fluviale è dell’Agenzia interregionale per il fiume Po (Aipo), il resto spetta al Parco che comunque pone attenzione verso la salute del corso d’acqua: «In tema di irrigazione dei campi concordiamo la necessità di diminuire il deflusso minimo vitale, però con la buona norma di salvaguardia della biodiversità fluviale – sostiene –. Non possiamo portare via completamente tutta l’acqua e far morire la fauna ittica, ci vuole buonsenso perché anch’essa è frutto di qualità dell’ambiente, di naturalità. Se facciamo bruciare il territorio del Parco non ne guadagniamo niente, però svuotare il fiume solo per l’agricoltura comporta il mancato rispetto della biodiversità presente».

Il Parco è stato istituito nel 1985 e da allora le condizioni ambientali dell’area lungo il fiume sono migliorate: «Basta guardare un video carcato sulla pagina Youtube del Parco, dal titolo “Il Serio muore” girato da una gruppo di amici alla fine degli Anni ’60 - fa sapere Monaci -, nel quale si evidenzia lo stato di salute del fiume dal lago Barbellino a Montodine. Le comunità locali usavano l’area vicina al fiume come discarica poi, con la costituzione del Parco i controlli serrati hanno consentito di ridare decoro e pulizia all’ampia area». Un Parco che ha nei percorsi ciclabili, lunghi complessivamente 113 chilometri, il suo fiore all’occhiello: «Questo è stato il progetto più importante effettuato. Possiamo percorrere l’intero Parco da Montodine a Seriate e viceversa – evidenzia con orgoglio il presidente – su entrambi i lati del fiume. Entro due anni chiuderemo l’anello intervenendo su piccole zone che ora interessano tratti di strada asfaltata».

Resta il problema dell’erosione delle sponde: «Ci sono situazioni che in alcuni casi comportano la discontinuità del percorso – dice il presidente del Parco –, da qui con l’Autorità di bacino, Aipo e Regione stiamo lavorando a un progetto complessivo di gestone delle problematiche del fiume, in relazione alla fruibilità del territorio. Si sta pensando al coinvolgimento del mondo agricolo nella gestione delle aree più vicine al fiume. Auspico che questo studio porti anche alla risoluzione del problema di intrattenimento dell’acqua, possibile solo con la realizzazione di sbarramenti nel fiume».

Di significativa importanza anche l’istituzione delle guardie ecologiche volontarie: «La loro costante presenza e attività di controllo lungo l’area del Parco – ricorda Monaci – ha permesso di ridurre quasi completamente il fenomeno dell’abbandono dei rifiuti, per la gioia di chi percorre la ciclabile e frequenta il parco». La maggiore tutela del territorio ha permesso l’istituzione della riserva naturale di Malpaga-Basella: «È per eccellenza la riserva naturale del tratto Bergamasco – prosegue Monaci – a cavallo del fiume tra la Basella di Urgnano e il castello di Malpaga, con scarpate discontinue a diversa altezza e i limitrofi terrazzi fluviali. Una sorta di prateria che presenta una ricca flora con 257 specie censite e un importante habitat faunistico».

Da evidenziare nel Parco, anche la presenza del’Orto botanico di Romano. «L’orto botanico era un terreno di patate sabbioso, difficile da lavorare, in località Pascolo, – conclude Basilio Monaci – e dopo necessaria riqualificazione nel 2007 è stato inaugurato. L’orto offre esperienze didattiche che vanno al di là della semplice osservazione di quanto esposto. La visita consente di vivere l’orto attraverso l’osservazione di fiori e piante, l’ascolto dei canti e dei suoni della natura, fare un percorso olfattivo nel “tunnel dei profumi” composto da essenze aromatiche o profumate. L’orto è uno spazio pubblico della natura, fornisce le basi per conoscere le specie vegetali e la flora protetta».

Fonte: Eco di Bergamo
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