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"Ferine", corto a Venezia

( 25 Agosto 2019 )

di SILVIO DANESE - MILANO - SICCOME nulla si può vedere e svelare prima delle presentazioni alla Mostra di Venezia (da mercoledì prossimo), leggiamo dal press-book l'intreccio di Ferine, cortometraggio del bresciano, d'adozione milanese e formazione berlinese Andrea Corsini, chiamato al concorso ufficiale della Settimana della Critica, un lancio prestigioso per un giovane: "Una donna vive in una villa abbandonata al confine tra società civilizzata e un bosco selvaggio, dal quale è appena uscita a piedi nudi e sporca di fango. La donna raggiunge un centro commerciale nel quale inizia ad aggirarsi nei grandi parcheggi desolati e a pedinare un uomo a cui sembra voler tendere un agguato. Dai suoi gesti emerge qualcosa di feroce e minaccioso. Tutto sembra ricondurre a quel bosco, un luogo che nasconde la vera natura delle sue azioni". Che cosa si deve aspettare lo spettatore? «Più che la trama, da non svelare, spero coinvolga la relazione tra il mondo selvaggio, recondito, e quello ordinato, 'razionale'. La storia invita a riflettere su quanto siamo disposti a scendere a compromessi e ad accettare, diciamo, il mostro in ognuno di noi». Dove ha girato? «Nell'hinterland milanese, tra la bulimia architettonica delle periferie. Il bosco, che deve sembrare immenso, è uno scorcio del Parco Nord, che non è immenso. Ma il cinema funziona così: alle spalle passano le auto, ma se davanti riesci a dare l'idea, ci vedi anche l'Alaska. Il centro commerciale è poi un punto nevralgico di questo genere». Vengono in mente John Carpenter e Stephen King. «Carpenter è un mio maestro ideale da sempre, anche se non puoi fare cinema americano in Europa, e in Italia. Devi capire come le cose che ami entrano nel tuo sguardo, nella tua realtà». Che cosa ha trovato a Berlino che mancava a Milano? «Ho fatto il pendolare per un paio d'anni. Sono autodidatta. Lavoravo per società di produzione bresciane e una aveva una sede a Berlino. Mi ci sono trovato per lavoro, scoprendo man mano che venivo ascoltato come autore, in quel caso di video musicali. Puoi inventare, sperimentare. In Italia siamo quasi fermi al cantante che cammina cantando...». Il genere horror è un destino o un passaggio? «Mi sono accorto che fin qui tutti i film che ho fatto riguardano il genere. Forse non è un passaggio. Ma so benissimo che il cinema horror non è un genere chiuso, non è splatter, e non è B-movie. È anche una via per raccontare la manifestazione della paura nel reale e i sentimenti. Un mio corto parla della malinconia del fantasma». La vita davanti a sé? «Un lungometraggio, senz'altro». Al lavoro? «La sceneggiatura è pronta, titolo provvisorio: Sembra sapere di me. Quanto al tema, ho estratto, rielaborando, proprio da questa sceneggiatura in attesa di produzione gli elementi di base del cortometraggio Ferine». A chi si chiede di produrre? «Si chiede aiuto a tutti, dai laboratori dei festival, che sia il Torino Film Lab o il Sundance, ai maestri che riconoscono il tuo lavoro». La partecipazione alla Mostra di Venezia? «Una responsabilità». In che senso? «La responsabilità di portare davanti a un grande pubblico qualcosa che ho fatto».

Fonte: QN - Il Giorno, Nazionale
"Ferine", corto a Venezia
 
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