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Nelle Alpi si fonde il permafrost, quali rischi per le falde d’acqua?

( 16 Novembre 2022 )

L’innalzamento delle temperature nell’atmosfera sta provocando non solo la scomparsa dei ghiacciai alpini, ma questo processo riguarda anche il permafrost, ovvero il suolo permanentemente gelato.

Nelle Alpi, la forma più comune di permafrost è rappresentata dai cosiddetti “rock glaciers”, spesse coltri di detrito – simili a ghiaioni – ma contenenti ghiaccio al loro interno.

Questo ghiaccio nascosto è molto importante perché influisce sulla quantità e qualità delle acque di sorgenti, ruscelli e torrenti che scorrono nelle vallate.

Nelle sorgenti che ricevono acqua dai rock glaciers in fusione a causa dei cambiamenti climatici si trovano disciolte numerose sostanze chimiche, tra cui alcuni metalli pesanti che spesso vengono rinvenuti a concentrazioni elevate e che potrebbero costituire un pericolo per l’approvvigionamento idrico. A oggi, infatti, sono poco noti i loro effetti sui sistemi idrologici ed ecologici.

Ora, uno studio di Libera Università di Bolzano, Fondazione Edmund Mach e Accademia Austriaca delle Scienze analizzerà la qualità delle acque provenienti dai “rock glaciers”.

La ricerca, di durata triennale, comprende l’elaborazione di modelli di previsione sull’inquinamento delle acque alpine derivante dal cambiamento climatico.

Il progetto è sviluppato nell’ambito dei bandi per la ricerca Euregio ed è denominato “ROCK-ME”.

Non si conosce ancora bene quale sia l’origine di queste sostanze. «Spesso vi si rinvengono, in quantità variabili, metalli pesanti come nickel, zinco, addirittura uranio a seconda del tipo di roccia, anche di sei volte superiori ai limiti dell’acqua potabile» spiega il prof. Francesco Comiti che insegna “Gestione delle risorse idriche e del sedimento” alla Facoltà di Scienze e Tecnologie.

«Con le nostre misurazioni vogliamo andare a capire da dove questi provengano e poi osservare quali sono le conseguenze della presenza di questi elementi sugli ecosistemi fluviali» precisa Stefano Brighenti, assegnista di ricerca nella stessa Facoltà ed esperto del problema.

«Analizzeremo se e come i metalli pesanti si trasferiscono e si accumulano nelle reti trofiche dei torrenti di alta quota» conclude Monica Tolotti, ricercatrice in idrobiologia della Fondazione Mach.

La ricerca punterà anche a determinare la provenienza dei metalli pesanti, per scoprire se essi sono caratteristici del luogo oppure se si sono depositati nel corso dei decenni in conseguenza dell’inquinamento atmosferico.

Sulla base dei risultati sarà possibile pianificare una gestione idrica dei bacini d’alta quota, soprattutto per il loro utilizzo nell’irrigazione o come acqua potabile, nel contesto del cambiamento climatico.

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