Nell’immaginario collettivo l’ecosistema marino è silenzioso. In realtà, le acque di mari e oceani sono piuttosto rumorose, e questo a causa dei suoni prodotti dagli organismi marini che li usano per spostarsi e per comunicare tra loro, dei fenomeni naturali come onde e ghiaccio che si rompono e, non da ultimo, dei rumori provocati dall’uomo, dal traffico navale alle attività estrattive.
Il cambiamento climatico sta però alterando in modo significativo il modo in cui il suono si propaga sott’acqua e ciò rappresenterà un problema per molti organismi marini.
In acque più calde, infatti, le onde sonore si propagano più velocemente e persistono più a lungo prima di estinguersi.
Uno studio cui ha partecipato l’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS), pubblicato sulla rivista scientifica dell’American Geophysical Union, Earth’s Future, ha identificato i “punti caldi” (hotspot) acustici che potrebbero avere un impatto significativo sulla vita sottomarina.
Come spiega Alice Affatati, ricercatrice di bioacustica al Memorial University di Terranova e Labrador (Canada): «La modifica della velocità del suono ha un impatto rilevante e può influire sulla capacità degli organismi marini di nutrirsi, comunicare, trovare compagni, evitare i predatori».
Due le aree chiave individuate in cui potrebbe avvenire il maggior cambiamento, nel Mare di Groenlandia e nell’Oceano Atlantico nord-occidentale a est di Terranova, entrambe caratterizzate da grande biodiversità.
In uno scenario di “non mitigazione” delle emissioni di gas serra, l’aumento della velocità media del suono nelle suddette aree entro la fine del secolo sarà di oltre l’1,5%, ovvero di circa 25 metri al secondo, sia nelle acque superficiali sia alla profondità di 500 metri. Lo studio ha inoltre rilevato un aumento della velocità del suono dell’1%, in media più di 15 metri al secondo, a 50 metri di profondità anche nel Mare di Barents, nel Pacifico nord-occidentale e nell’Oceano Australe (tra 0 e 70 OE).
Il gruppo di ricerca ha anche applicato la proiezione della variazione della propagazione sonora a uno specifico organismo marino: la balena franca nord-atlantica (Eubalaena glacialis), specie in pericolo di estinzione che abita entrambi gli hotspot acustici dell’Atlantico settentrionale. I risultati dimostrano che è probabile che la tipica vocalizzazione di queste balene a 50 Hertz, in un futuro oceano più caldo, si propaghi più lontano.
Il prossimo passo sarà estendere lo studio ad altre zone dell’oceano globale confrontando le proiezioni di variazione della velocità del suono con altri impatti antropogenici per individuare nuove aree a rischio e sviluppare eventuali progetti di monitoraggio.
Bibliografia: https://doi.org/10.1029/2021EF002099